giovedì 24 luglio 2014

[Labels] Intervista a Matteo Romagnoli, boss di Garrincha Dischi

Garrincha Dischi è ormai una delle realtà più importanti della musica italiana indipendente e non solo. Un modo nuovo di intendere l'etichetta discografica, trasformandola in un vero e proprio collettivo i cui componenti condividono incisioni, viaggi, cibo, tatuaggi, eventi e fan. Una label che sa comunicare in modo diretto con il suo pubblico, grazie ad un uso intenso dei social e il dialogo con i fan che avviene prima, durante e dopo i concerti.

Il roster può contare su nomi che si stanno facendo strada sullo scenario "indie" italiano: L'Orso, L'Officina Della Camomilla, I Camillas, Magellano, Chewingum, La Rappresentante Di Lista, ManzOni, Brace, ma soprattutto il fenomeno Lo Stato Sociale. Dietro nomi così tanto singolari ci sono formazioni con caratteristiche musicali abbastanza diverse ma che rappresentano comunque un'espressione pop indipendente che piace soprattutto a quei giovani alla ricerca di qualcosa di diverso dai soliti stereotipi musicali e testuali.

Ma come nasce tutto ciò? Il padre di Garrincha si chiama Matteo Romagnoli, viene dalla provincia bolognese e ha sempre amato con passione la musica e tutto ciò che gravita intorno. Un'avventura nata solo pochi anni fa, come spiega in questa intervista che ha rilasciato in esclusiva per (S)controBlog.

fonte: Facebook


Chi era Matteo Romagnoli prima di diventare uno dei discografici più influenti della scena musicale indipendente italiana?

Oddio influente…ero e sono uno che ama la musica, che ama fare le cose con gli altri. Prima di fare Garrincha a tempo pieno facevo l’educatore, con i matti piuttosto che nel sociale. A dire il vero non è cambiato molto. Lavoro sempre con dei matti…

Cosa ti ha spinto a diventare un produttore discografico?

Inizialmente volevo fare i dischi miei perché non li voleva fare nessuno poi ho iniziato a fare i dischi degli altri che non voleva pubblicare nessuno, poi è arrivato un pubblico innamorato di quei dischi che gli altri non volevano pubblicare e ad un certo punto mi son trovato in un vortice caotico che poi ho riordinato in questa che di li a poco è diventata una famiglia. Volevo dar risalto ai testi, alla lingua italiana, canzoni pop, per quanto sbilenco e trasversale. Dare voce ad un nuovo pop vero, che non passa in radio, fatto  di gente che poi a fine concerto vengono con te a bersi una birra.

Come scovi i gruppi da arruolare in Garrincha?

Cerco su Youtube e sul web artisti che oltre a scrivere bene da soli già si danno molto da fare. Un booking, management o label deve essere un moltiplicatore per una band non il primo passo.

Garrincha è una grande collettivo che spesso mescola i suoi artisti nei live e nelle produzioni. Esistono tuttavia delle gerarchie?

Beh certo Lo Stato Sociale è la band con più pubblico, L’Orso e L’Officina Della Camomilla stanno diventando grandi e La Rappresentante di Lista sono gli ultimi entrati in famiglia. Banalità più che una gerarchia. Per il resto vorremmo al contrario raccontarvi della famiglia che siamo diventati e lo faremo con uno show totale con tanto di merenda con latte e biscotti, a inizio 2015.

Cosa consiglieresti ai tanti artisti emergenti che vorrebbero far parte della famiglia Garrincha?

Inizierei con una birretta, un bevuta post concerto, un bagno notturno in piscina post concerto, due salti sui tappeti elastici, poi in un secondo momento, se ci piacciamo, ascoltiamo cosa suonate.

Come è cambiato il mondo della musica con il passaggio al digitale? Che peso hanno oggi i social network?

Il bello dei Social Network è che hanno permesso a realtà come la nostra di instaurare un rapporto diretto con il pubblico, veloce, che ci permetta di raccontargli in tempo reale cosa stiamo facendo senza obbligatoriamente il filtro degli addetti ai lavori, attraverso una critica miope che non ha mai visto di buon occhio quello che facciamo magari perché non è riuscita a codificarlo. I social ci hanno fatto bene. Il digitale in parallelo ha cambiato la percezione dell’oggetto, il piacere di possederlo, la gioia dell’evitarlo, la comodità di Spotify. Il supporto poi modifica il dove, come e quando ascoltare una determinata musica ed Il cambiamento non porta per forza ad un peggioramento. Per esempio penso che oggi il cd sia in calo perché non ha la praticità di Spotify ma nemmeno il fascino di un vinile, che invece ci obbliga a prestargli attenzione, attenzione all’ascolto.

Oggi, da indipendenti, si può vivere con la musica? Quali possibilità di guadagno ha una band?

Ehhh… si può tutto. Con intelligenza, voglia di fare, di rinnovarsi e con tanto culo si può. La questione guadagno meriterebbe un lungo discorso. Spesso il musicista di una band da 1000/3000euro di cachè si trova a fare beneficenza fiscale e ritrovarsi con due lire in tasca… infondo avere una band è un po’ come essere piccoli imprenditori, fortemente penalizzati in questo momento storico.

Domandone che faccio a tutti coloro che incontro: cosa è per te la musica indie?

E’ una cosa vasta e variegata quella che chiamano indie. Esemplificando molto io penso che la differenza tra quello che facciamo noi e quello che fa una major è nel modus operandi. La differenza tra fare quello ti piace, con pochi compromessi, sperando che piaccia al maggior numero di persone e fare musica studiata per piacere al maggior numero di persone. Ecco.

Parlami del Matteo artista: Matteo Costa

Costa è il cognome di maia mamma. Mi piaceva portar avanti la stirpe Costa. Il disco a nome Matteo Costa è l’unico a mio nome  (senza i 4fioriperzoe, LE-LI, The Hunzikers) perché è un disco molto personale. Parla solo di me, troppo. L’ho fatto quasi tutto io e mi ha fatto bene. Ora con la band che mi ha seguito nei pochi live fatti ci stiamo trasformando nei COSTA! Tutto maiuscolo con punto esclamativo e pubblicheremo una serie di 45giri digitali con 30 copie fisiche di ognuno e poi un giorno magari faremo un disco. Ma la mia “carriera” musicale è sempre subordinata al lavoro di produttore di Lo Stato Sociale, L’Orso, L’Officina Della Camomilla, Brace, ecc.

Da quali artisti ti senti influenzato come produttore e musicista?

Da quelli con cui lavoro e con cui condivido label e studio soprattutto. Da chi usa la parola in modo invidiabile come Giovanni Truppi e Brace, da chi tira sempre fuori suoni “nuovi” e sa stupirmi come Damon Albarn, dallo Ska Roots, dalla musica nera, Otis Redding, Chack Berry, Toods & The Maytals, Harry Belafonte, Bob Marley… ma in altre epoche avrei potuto dirti Celentano, Ciampi, Capossela,  Tenco… piuttosto che gli Underworld, insomma cambia di continuo.

C’è un artista che invidi alle altre labels italiane?

Mi piacerebbe un gruppo strillone, tipo i Fast Animals & Slow Kids, i Gazebo Penguins, i Management del Dolore Post Operatorio.

In questi giorni purtroppo assistiamo a scene di orrore provenienti da Gaza con immagini di corpi straziati di centinaia di vittime innocenti, soprattutto bambini. I media tradizionali sembrano non dare il giusto peso alla vicenda. La scena musicale indipendente si caratterizza in fenomeni di aggregazione e festa come festival, eventi o compilation. Quasi mai assistiamo però in questo mondo si assiste a grandi eventi in nome di cause socialmente impegnate. Come mai? Non sarebbe ora? 

Noi nel nostro piccolo ci proviamo, tutti i nostri proventi delle prime due settimane di vendite del nuovo de lo stato sociale le abbiamo date ad Emergency, ieri suonavamo con Costa e stato sociale a Crevalcore per la ricostruzione dopo il terremoto e tutti i giorni, ogni giorno, diciamo la nostra su facebook in merito ai bombardamenti su Gaza e singolarmente siamo scesi in piazza per dire la nostra. Per me è sempre l’ora di fare qualcosa, nonostante le nostre vite incasinate.

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