Franco Battiato è senza ombra di dubbio uno dei più originali autori del panorama musicale italiano da più di 30 anni. Mi piace definirlo Cantore del "mistico", richiamando un termine molto utilizzato nelle sue canzoni. Mistici come i luoghi e le atmosfere in cui ti trasportano le sue canzoni. La discografia di Battiato è sterminata e credo di essere troppo pigro per analizzarla in maniera completa, così spesso mi lascio trascinare da ciò che mi capita del Maestro. Se poi ciò che ti capita è avere un coinquilino abruzzese appassionato di Battiato, dei suoi classici e soprattutto delle sue chicche meno famose, allora siamo sulla strada giusta. E sulla strada giusta dovevamo essere quella sera di circa un anno fa quando in macchina in balia della playlist del mio coinquilino, tra un successo commerciale all'ultimo grido e una canzone di Vasco Rossi dagli altoparlanti spunta improvvisamente questa canzone...mistica. Come spesso capita nelle canzoni del Maestro il richiamo è a mondi lontani e nello specifico alla Russia di tanti anni fa, vista, appunto da una prospettiva Nevskij. E così ci si lascia trasportare dalla sua voce che racconta di mitra, balletti, orinali sotto il letto e i film di Eisenstein. Fino ad arrivare al culmine. Li ho contati: sono i 17 secondi tra i più belli della storia della musica leggera italiana quando Battiato ripete per due volte la seguente frase:
E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire.
Una canzone il cui ascolto è particolarmente consigliato quando si desidera fuggire dal contesto reale.