L'IO è cantautore pop del ribellismo, cantore di storie amare che deridono i precetti di una società conformata al sistema degli standard sociali, politici ed economici. Una serie di sane provocazioni che ritroviamo nell'interessante album d'esordio "Bon Ton", uscito alcune settimane fa per la Seahorse Recordings e che propone un alt folk puro e diretto, spesso sotto forma di ballate ironiche e delicate.
Dietro L'IO si cela Flavio Ciotola, che ho avuto il piacere di intervistare. Di seguito le risposte che mi ha dato circa la sua vita privata e artistica e la sua visione sulla musica indipendente. A fine intervista trovate anche l'album "Bon Ton" in streaming su Spotify.
Ciao Flavio, parlami un po’ della tua infanzia dei posti dove
sei cresciuto e come ti sei affacciato alla musica.
Ciao. Sono nato e cresciuto a Napoli, per esser più preciso
a Bagnoli quartiere di grandi musicisti partenopei come i fratelli Bennato. La
musica ha sempre fatto parte della mia vita. Mio padre fino a 33 anni ha
suonato prima di trovare un lavoro ed è stato grazie a lui che ho iniziato a
suonare. Il mio primo regalo musicale è stata una batteria, avevo tipo 8 anni.
Mio padre mi ha fatto sempre ascoltare buona musica sia italiana che
internazionale, da de Gregori, Battisti (impazzivo per Balla Linda, era energia
per me), Lucio Dalla, gli Who, Pink Floyd ecc ecc. Verso i 14 anni ho iniziato a
suonare la chitarra acustica e a scrivere canzoni, per poi formare il mio primo
gruppo rock Sempre di musica inedita però, ho sempre evitato di fare cover
perché ho sempre avuto tante cose da dire…quindi ho preferito esprimere me
stesso in musica. Verso i 16 anni poi ho scoperto in ritardo i Nirvana ed i
Pearl Jam e questa musica mi ha cambiato la vita.
Da quali artisti ti senti più influenzato?
Da tantissima musica, ma se prendi in mano il mio lettore
mp3 vedrai musica anni '90: Nirvana,Pearl Jam, Alice In Chains, Carmen Consoli, Radiohead. Diciamo che ascolto tantissimi artisti ma sono legato molto alla
musica anni '90. Ascolto anche artisti degli ultimi anni. Ultimamente Levante; sento purezza musicale in lei.
Come mai la scelta di questo nome, perché quell’articolo
davanti?
Ho scelto come nome L’IO perché questo progetto è nato in
completa solitudine, senza nessuno che mi dicesse cosa fare. Avevo nella testa un
progetto tutto nuovo, solo mio. Quale nome migliore de L’IO? Anche se non è solo
il mio, è L’IO di tutti. Diciamo che con
L’IO esprimo me stesso al 100% pensando però a tutti quelli che la pensano come
me sulla vita.
Nel tuo album emerge una visione abbastanza negativa
dell’amore e una visione ribelle del mondo. Ci sono dei riferimenti
autobiografici? Cosa vuoi comunicare con le tue canzoni?
Non penso che ci sia una visione negativa ma solo una
visione diversa dell’amore. L’argomento Amore sia nelle canzoni che nei film 90 volte su 100 è narrato come amore perfetto o amore che finisce bene. Ma non è
così molto spesso. Io parlo dell’amore non morale, quello che ti fa soffrire ma
che ti rende più forte. Mentre sulla visione ribelle del mondo, sì, sono
d’accordo. La società in cui viviamo ci dice cosa fare e non fare sin dalla
nascita, ci obbliga a vivere la maggior parte della nostra vita in istituzioni
che non amiamo e che non ameremo mai. Ci educa anche in maniera sbagliata, devi
dire, non devi dire. Bon Ton, l'album, è una provocazione; i o credo che non
siamo veramente noi, ci hanno portato a vivere una vita non veramente nostra.
“Bon Ton” è prodotto da Seahorse Recordings, come sei arrivato
a questa etichetta? Com’è il rapporto con loro?
Quando ho registrato i provini del disco, ho spedito il
materiale a poche case discografiche tra cui la Seahorse Recordings. Mi hanno
chiamato, erano interessati al progetto e quindi ho firmato. Mi son trovato
benissimo, anzi ringrazio Paolo Messere che mi ha aiutato tantissimo ed è entrato
subito in sintonia con L’IO.
Cosa ne pensi dell’attuale panorama indipendente italiano? C’è
qualche artista che segui particolarmente?
In questo periodo ascolto Levante e Margherita Vicario. Il
panorama indie in Italia è vasto, le produzioni sono tantissime e molti artisti
sono validi, ma in questo Paese c’è un problema: non c’è educazione
musicale, ormai le TV puntano sui Talent; le major quindi si buttano sulla musica
usa e getta e sono pochissimi i casi dove una major punta su un emergente. Ma le
cose cambieranno, ne sono sicuro.
Per te, in generale, cosa significa “musica indie”?
Mmmhh...a volte quando penso al termine "indie" penso alla musica
fai da te, ma ormai penso che si possa definire come un sottobosco: gli
alberi, anche se molti decrepiti, senza foglie sono gli artisti famosi mentre
sotto terra, ci sono semi,tanti semi bellissimi e pieni di vita che non vedono
l’ora di vedere la luce e far nascere prati,fiori, piante; ecco, quelli, quei
semi siamo noi, la musica indie.
Che ne sarà de L’IO tra 10 anni?
Domandona. Non so cosa mangerò domani…ahahah, tra 10
anni? Vorrei fare il produttore
musicale.