Ho avuto l'onore di scambiare quattro chiacchiere con Paolo Sessa, frontman dei Malatja, storico trio di Angri (SA) che si è affermato grazie a un rock energico e testi in dialetto con punte di ironia.
Nati nel 1993, mentre a Seattle sbocciava il grunge, i Malatja resistono ancora insieme a tutta a forza che caratterizza i loro seguitissimi live. Ma la figura di Paolo Sessa desta curiosità anche per la sua vita "a due facce": la potenza e l'inibizione dei live sembrano di fatto scontrarsi con la rigorosa veste che Paolo è tenuto ad assumere nella vita di tutti i giorni: professore di Italiano e Latino presso gli istituti superiori.
Intanto in primavera uscirà il nuovo album, segnato da prestigiose collaborazioni e una svolta che potremmo definire "epocale". Ho posto un po' di domande a Paolo, a proposito dei Malatja, del nuovo album e della curiosa convivenza tra rocker e professore nei panni della stessa persona.
Ciao Paolo, i Malatja sono reduci da più di
20 anni di carriera con alle spalle quattro album e innumerevoli live. Cosa
significa per te questo progetto, come e quando nasce?
E' un
progetto del tutto nuovo per noi perché è il primo lavoro in lingua italiana e
ti assicuro che nasce da un'esigenza del tutto spontanea. Avevo bisogno di
scrivere in italiano era il momento di farlo e non saprei dirti il perché.
Quali sono
gli artisti italiani e internazionali che hanno maggiormente influenzato
la tua formazione musicale?
Adoro
Hendrix, sono cresciuto a pane e Sex Pistols passando per il grunge, ma ti
assicuro che ascolto i grandi della musica di ogni genere e divoro inediti di
continuo.
Forse non tutti sanno che dietro un
inossidabile rocker come te si nasconde un professore di italiano e latino.
Qual è il rapporto con i tuoi alunni? Cosa pensano della tua “seconda vita” da
rocker? La musica in qualche modo influenza la tua professione e/o viceversa?
Parli
della mia vita bipolare? (ride) Ebbene non
lo è perché in entrambi i casi ho a che fare con platee e devo
necessariamente interessare, essere accattivante nella comunicazione quindi i
due mondi si somigliano molto, se ci rifletti bene. Quanto al rapporto coi miei
alunni, cosa dire? Tu non vorresti uno figo come me che ti parla di Dante?
Magari avessi avuto un Prof così! Cosa
pensi della scena italiana indipendente degli ultimi anni? C’è qualche artista
che secondo te vale particolarmente la pena di seguire?
Mi
piacciono un sacco di band, adoro i gruppi energici che non la mandano a dire,
forse un po' meno il cantautorato, ora sarò impopolare visto il successo degli
ultimi anni (ride)
Il marchio di fabbrica dei Malatja è un
hard rock in dialetto salernitano, con punte di ironia. Con il nuovo album vi
cimentate prima volta con testi interamente in Italiano, come mai questa
scelta?
L'ironia
è sempre viva e morirà con noi ma credimi non sarà così diverso sentire i
Malatja in italiano, il nostro groove e la nostra energia restano quelli.
Ci parli in generale della genesi di
questo album, dei temi trattati e tutto
quello che c’è da sapere su questa nuova produzione?
Abbiamo
un bel po' di collaborazioni: Francesco Di Bella, Nicodemo, Denise, Stefano Di
Martino, Daniele Mazzotta ed altri. Posso dirti che è un disco fatto di cose intime,
forse anche poetico a tratti anche se sorrido a pensarci. Ho raccolto le
emozioni, i sentimenti e le persone importanti in questi anni e li ho
incastrati in un budello "glitterato" il tutto condito da un sound veramente
interessante.
Dopo anni di carriera, tanti concerti e
importanti collaborazioni, dove vogliono arrivare i Malatja?
Vogliono
semplicemente comunicare la loro idea del mondo e della vita, non inseguiamo il
successo, vogliamo solo essere noi stessi e gridare la nostra verità dal palco.