Nel panorama del pop indipendente italiano brilla la luce di Siruan, al secolo Matteo Gracis, rapper bellunese proveniente dalla regione del Cadore, attivo sulle scene musicali da ormai diversi anni.
Canzoni che narrano di storie di tutti i giorni, sentimenti, ribellione ma soprattutto protesta verso quel sistema marcio e corrotto che negli ultimi decenni ha soffocato lo Stivale. Ne è esempio il brano Evviva l'Italia, vero e proprio caso sul web nel 2011 in cui Siruan "rappa", come un pugno sullo stomaco, i seguenti versi:
Evviva l’Italia, il bel Paese, che non arriva alla fine del mese.Evviva l’Italia, la nostra patria, dove comanda tranquilla la mafia.Evviva l’Italia, la sua bandiera, che ogni giorno diventa più nera.Evviva l’Italia e gli italiani, evviva 60 milioni di schiavi!
Ma a Siruan piace andare oltre il rap, ricercando spesso una raffinata sperimentazione pop.
Inizia la carriera giovanissimo con diversi mixtape e si fa notare persino da Lucio Dalla di cui apre un concerto alle isole Tremiti nel 2001 Dopo aver prodotto l'album ufficiale Brividi (2011), lo street album Vivo (2011) e l'EP Energia (2012) è in studio al lavoro per il prossimo disco per il quale annuncia sonorità più tipicamente pop e collaborazioni importanti. Oggi Siruan è un artista molto amato da chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo, ma di certo merita una celebrità superiore.
Intanto, qualche giorno fa è uscito singolo Ingannati registrato insieme a Inoki, altra icona rap (si consiglia l'ascolto de Il Mio Paese Se Ne Frega). Il brano anticipa l'album che uscirà in primavera ed è acquistabile su iTunes e sugli altri principali stores digitali. Il video è uscito in anteprima sul sito di XL Repubblica e da oggi è possibile visionarlo anche su Youtube...eccolo!!!
Ho avuto la possibilità di porre a Siruan alcune domande, le cui risposte sono utili per conoscere meglio la sua genesi e il suo pensiero:
Siruan, perché questo nome?
Potrei raccontarti qualche storia accattivante o leggenda
metropolitana, come fanno spesso i rapper per motivare i loro nomi. In realtà
il mio nasce un po’ per caso e non ricordo nemmeno più perché gli amici hanno
iniziato a chiamarmi “Sir” tanti anni fa. Quando poi ho iniziato a fare musica
c’ho aggiunto io il “One” che poi nel tempo si è trasformato in “Uan”. Mi
piaceva la musicalità del nome e questo ho tenuto.
Quando e perché hai cominciato?
Le prime cose risalgono al ’96, sono quasi oldschool!
Avevo iniziato ad ascoltare rap da poco e fin da subito ho sentito la necessità
di fare qualcosa di mio: il rap è stato solo un mezzo, non un fine. Avrei da
subito voluto fare musica più complessa e melodica, ma non sapendo suonare
alcuno strumento mi era impossibile. D’altronde il rap, così come il punk,
nasce proprio dal bisogno che hanno i “non-musicisti” (passatemi il termine) di
fare musica.
Descriviti in tre parole
Domanda impegnativa. Ti rispondo con un passaggio di una
recensione che mi hanno fatto sul precedente disco e che naturalmente mi
lusinga e in parte condivido: “Siruan è il giusto connubio fra la denuncia di
Caparezza, la leggerezza di J.Ax e la “furbizia” di Fabri Fibra” (da Saltinaria
2011)
Quali sono gli artisti italiani e internazionali che più
ti hanno influenzato?
Ho avuto la grande fortuna di ascoltare sempre buona musica
in casa, grazie soprattutto a mio padre. Da Bob Dylan ai Beatles, dai Pink
Floyd ai Dire Straits. E poi Keith Jarrett, Bob Marley, Queen, Eagles e tanti
altri. Gli italiani erano Battiato, Battisti, Fiorella Mannoia, Equipe 84, ecc.
Poi è arrivato l’hip hop, con gli Articolo 31, Neffa e cose più underground. Dagli
States uno su tutti, 2 Pac. E a quel punto ho iniziato io a far ascoltare buona
musica a mio padre!
Qual è il pubblico di Siruan?
Dai feedback che ricevo sui social network e da ciò che vedo
in giro, penso sia un pubblico eterogeneo e molto vario: so di bambini
piccolissimi che vanno matti per certe canzoni come “Magico” e a 2 anni la
sanno già a memoria, e poi di persone adulte, anche over 50, che mi seguono e
aspettano le mie uscite. Di certo i miei ascoltatori più affezionati sono
persone che ascoltano vari generi musicali, senza troppi paletti e sempre
pronti a sorprese e sperimentazioni.
Cosa significa per te musica indipendente? Ti reputi un
artista indipendente? Che rapporti hai con la tua casa discografica?
La musica indipendente per me è la musica libera. La musica
non filtrata, quella fatta per il solo piacere di essere suonata e fatta
ascoltare. Senza altri fini. Io sono sempre stato e sempre sarò un artista
indipendente, per il semplice fatto che la musica per me è una passione e tale
deve rimanere. Non mi interessa trasformarla in un lavoro e anzi, in un certo
senso mi impegno anche perché non lo diventi. Mi piace dire che non faccio musica per fare soldi, ma faccio
soldi per fare musica (lo diceva Walt Disney riguardo i suoi film).
Con l’etichetta ho un ottimo rapporto: sono libero di fare ciò che voglio e non
ho particolari impegni o scadenze, anche perché se fosse così non avrei mai
firmato un contratto discografico. La Pull Music, del gruppo Crisler, non è
un’etichetta rap, ma più indirizzata sul pop e visti i miei progetti musicali
sono contentissimo di essere nel loro roster. Non smetterò mai di ringraziare
Luca Zeta (mito della italo dance) che mi ha “scoperto” e portato da loro.
La tua musica spesso assume un tono di protesta verso il
sistema. Qual è la tua visione della politica nostrana alla luce delle ultime
rocambolesche elezioni?
Per una volta voglio essere ottimista. Sento vento di
cambiamento, di novità, di rivoluzione.
Questo Stato merita molto di più di come è stato governato in questi ultimi 20
anni. La situazione deve cambiare al più presto, perché hanno già rubato il
futuro a intere generazioni. Ci hanno preso in giro, ci hanno ingannato. E da
qui parte lo spunto per il nuovo singolo, “Ingannati” appunto, con il feat di
Inoki, un vero king, un puro. Nessuno meglio di lui poteva affiancarmi in un
pezzo del genere.
Vuoi parlarci del tuo prossimo lavoro? Come nasce?
Quando uscirà?
Il nuovo album dovrebbe uscire in primavera, aprile o
maggio. Proprio in questi giorni sono in studio per registrare voci e definire
le ultime cose. E’ un album importante per me: sancisce il passaggio dal rap
alla musica e contiene collaborazioni con grandi artisti, sia della scena rap
che big della musica italiana. Ne ascolterete delle belle!
Chiudo con una curiosità. Matteo porta con sé un'eredità piuttosto singolare: suo nonno Ettore Gracis, era il direttore stabile dell'orchestra della Fenice di Venezia, ma ha diretto anche altre prestigiose orchestre come RAI, La Scala di Milano, la New Philarmonica di Londra. Che Matteo sia una "capricciosa" rivisitazione moderna di nonno Ettore?
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