Qualche giorno fa ho avuto una piacevole chiacchierata su Skype con il giornalista Gabriele Naddeo, fondatore del L'Indiece Di Melty, una rubrica piena di idee nata da meno di un anno e facente parte di Melty, noto network internazionale di siti di costume, cultura e società con un'impronta particolarmente giovanile. Il network ha sede a Parigi ed è proprio da lì che Gabriele mi parlava, cercando insieme a me di inquadrare il profilo dell'ascoltatore indie medio e la concentrazione geografica del movimento musicale indie.
Anche io ho pensato di fare un po' di domande a Gabriele, incuriosito soprattutto dalla circostanza di parlare di musica italiana direttamente dalla Francia.
Parlami un po’ del
tuo background: come sei arrivato al mondo della musica? Quali sono gli artisti
che hanno maggiormente condizionato la tua cultura musicale?
Ti sembrerà
strano ma fino ai 13 anni non ascoltavo quasi nulla. Mi sono appassionato alla musica
grazie al punk e, subito dopo, al rock dei gruppi storici degli anni ’70. Quasi
nello stesso periodo ho iniziato a suonare la chitarra poi, grazie a un mio
amico, a conoscere meglio anche la musica italiana. Ti cito alcuni dischi
random tra quelli che mi hanno segnato maggiormente in passato: “Dookie” dei Green
Day, “Rocket To Russia” dei Ramones, “Francesco De Gregori” (l’eponimo album
del ’74, quello della “pecora), “High Voltage” degli AC/DC, “Buon Sangue” di
Jovanotti, “Fetus” di Franco Battiato, “Declaration Of Dependence” dei Kings Of
Convenience. Se dovessi dirti un paio di album contemporanei ti direi “St.
Vincent”, “To Pimp a Butterfly” di Kendrick Lamar, ma anche “Il sorprendente
album d’esordio de I Cani”. Poi al momento adoro un artista francese di nome
“O”.
Quando hai pensato di
diventare un giornalista musicale? Come sei arrivato poi al network
internazionale Melty?
È stata un’avventura cominciata un po’ per caso. Nel
2012 mi proposero di scrivere un report di un concerto per una testata online
della mia città, Salerno. Accettai immediatamente: mi sembrava un’ottima idea
per coniugare due mie passioni, appunto musica e scrittura. Ho conosciuto melty
grazie a mia sorella: lei è la vera scrittrice di casa e collaborava già da
tempo con il melty group. Mandai alcuni articoli di prova e, soprattutto,
lanciai l’idea di una rubrica interamente dedicata alla musica indipendente.
L’idea piacque molto: se oggi mi trovo qui a Parigi è anche grazie all’indie
italiano.
Che sensazione si
prova nello scrivere di indie italiano da Parigi? Non ti senti un po’
ambasciatore?
Più che ambasciatore ti direi osservatore. Vivere all’estero
mi ha aiutato ad estraniarmi, a guardare le cose da una prospettiva diversa e
ad avere una visione d’insieme di questo grande (e interessantissimo) fenomeno
che è l’indie italiano. Il web, comunque, aiuta molto a stare al passo con le
nuove uscite e le infinite attività che gravitano intorno al mondo della musica
indipendente e non: quello musicale è un universo in continuo fermento, in
continua evoluzione. Forse mi piace tanto proprio per questo.
Perché L’Indiece Di
Melty? Sarà mica l’ennesima testata indie?
L’indiece di melty, innanzitutto
come la crasi delle parole “indice” ed “indie”: una selezione di musica indie,
un utile vademecum per conoscere la scena indipendente italiana. La parola
“indiece”, poi, potrebbe anche essere letta come “indie c’è”: la musica
indipendente c’è, esiste, è un fenomeno che merita spazio ed importanza. Più
che testata, comunque, L’indiece di melty è piuttosto una rubrica, una singola
sezione che fa parte di un sito estremamente variegato.
Quale impostazione
editoriale hai dato all’Indiece di Melty?
L’indiece di melty si occupa
principalmente di playlist, esclusive ed interviste che hanno come tema
portante il fenomeno dell’indie italiano. A sostenere i contenuti pubblicati
dalla rubrica è la pagina Facebook de L’indiece, legata ogni giorno ad un
diverso appuntamento.
Durante la tua
attività hai intervistato diversi personaggi della musica: qual è stata
l’intervista più interessante? C’è una risposta particolarmente memorabile che
vuoi menzionare?
Un’intervista che mi lasciò piacevolmente colpito fu
quella a Riccardo Sinigallia. Si dimostrò molto gentile e ben disposto,
rispondendo con entusiasmo alle varie domande che avevo preparato per lui. Una
delle risposte più belle, comunque, me l’hanno data senz’altro i Verdena. Alla
domanda “Come riassumereste Endkadenz Vol.1 in un’immagine?” loro hanno
ribadito con un meraviglioso “Le cime delle querce schiaffeggiate all'unisono
dalla burrasca prima di un temporale estivo. Ma anche no”. Geniali.
Come giudichi il
giornalismo musicale italiano? Secondo te viene dato abbastanza spazio alla
musica indipendente oppure resta un argomento di nicchia?
In Italia abbiano
giornalisti musicali veramente competenti e pagine ben costruite che parlano di
musica indipendente. Ammiro il modo in cui lavorano Emiliano Colasanti e Nur Al
Habash. Conoscono il mondo della musica in maniera approfondita: adoro il modo
in cui sanno raccontarlo, la maniera in cui scrivono e i contenuti interessanti
che sanno estrapolare di volta in volta. Per quanto riguarda lo spazio dedicato
alla musica indipendente ti direi che per me più se ne parla meglio è: non sono
assolutamente d’accordo con chi crede che l’indie debba rimanere un fenomeno di
nicchia.
La domanda che pongo a tutti: cos’è per te la musica indie?
Bella
domanda! Difficile da riassumere in poche battute più che altro. Diciamo che
oggigiorno è sempre più difficile trovare un musicista o un artista davvero
indipendente. Molte etichette indie, ad esempio, si affidano a delle major per
la distribuzione dei dischi, ma questo, a mio avviso, non è un male. Si
potrebbe dire, comunque, che l’indie è un mood più che un genere, dal momento
che vengono etichettati come “indie” una miriade di artisti completamente
diversi tra loro. La bellezza della musica indipendente, comunque, è nel voler
uscire dagli schemi, dalle formule standard che “funzionano”: è semplicemente
fare quello che ci si sente di fare, è libertà e ricerca, è qualcosa di
originale. Attenzione, però: originale non deve necessariamente coincidere con
eccentrico. Oppure: ascoltare un gruppo solo quando ha 150 fan su Facebook e poi
additarlo come venduto appena riesce a
costruirsi una fan-base più solida non è indie, è stupido.
Qual è il tuo sogno
nel cassetto?
Adesso ti sembrerà che stia dicendo una cazzata, ma uno dei
miei sogni più grandi sarebbe quello di fondare un movimento artistico, più
precisamente un’avanguardia capace di racchiudere ambiti diversi (come la
musica, l’arte, la scrittura ecc.) in un’unica grande visione. Sono un fan
sfegatato del gruppo Dada e adoro, in generale, i diversi movimenti
avanguardistici del Novecento. La figura del “pioniere”, del precursore, è probabilmente quella che mi affascina di
più.
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